Il diritto all’oblio è un diritto del soggetto di essere dimenticato per preservare la propria reputazione, chiedendo la rimozione di una notizia di dominio pubblico, in modo da ridurre le conseguenze negative delle notizie ormai obsolete.
Gli utenti quindi possono richiedere di fare rimuovere nel web i link a notizie e contenuti che non sono ritenuti più rilevanti ai fini del diritto di cronaca.
La definizione nel diritto comunitario
Il diritto all’oblio nel diritto comunitario da alla persona il diritto di richiedere la cancellazione dei dati personali che la riguardano non più giustificati dalle finalità per le quali sono stati raccolti, se l’interessato ha revocato il diritto al consenso oppure sono cambiate le finalità per le quali sono stati ottenuti.
Ciò ad esempio può avvenire quando un minore passa alla maggiore età e decide di revocare le informazioni che lo riguardano che ha diffuso in internet anni prima.
Il diritto all’oblio conferisce il diritto di far rimuovere le notizie relative a condanne penali e ad altri eventi nocivi della reputazione, se non è legittimata dal diritto di cronaca. Secondo l’interpretazione comune, infatti, il passare del tempo fa calare la rilevanza del fatto in oggetto e il diritto di cronaca, riportandolo alla dimensione di fatto privato.
In questo modo è possibile controllare la circolazione delle informazioni riguardanti i cittadini comunitari, e che influiscono sulla loro reputazione.
Diritto all’oblio e diritto all’informazione
La nuova società dell’informazione ha portato importanti conquiste, ma ha portato con sé anche inedite sfide e difficili quesiti, che ancora non trovano una soluzione. La prima questione fra tutte è sicuramente quella di trovare un punto di incontro tra diritto e internet.
Il diritto alla cronaca giornalistica si basa sulla rilevanza pubblica di una notizia. Il pubblico viene informato dei fatti ma con il passare del tempo la notizia ormai diviene di nozione comune e scema l’interesse pubblico essendo ormai il compito informativo concluso.
Due mondi così antitetici: da un lato norme e divieti, dall’altro assoluta libertà e nessun vincolo. È evidente che lo sforzo che ha fatto e cerca sempre di compiere il diritto è quello di adattarsi alla nuova società, creando di volta in volta fattispecie nuove non solo di reati, ma soprattutto per quanto riguarda l’affermazione di diritti e doveri dei singoli. Ad esempio, la recente legge sul revenge porn (L. 19.07.2019, n. 69) è emblematica di come l’ordinamento giuridico italiano stia cercando di colmare le enormi lacune giuridiche che si sono venute a creare con l’evoluzione di internet.
Tra gli innumerevoli quesiti che nascono dall’incontro e dal tentativo di equilibrio tra internet e il diritto, vi sono i temi della privacy, del trattamento dei dati personali e ancora di più probabilmente il tema del diritto all’oblio su Google, in altre parole, il diritto a essere dimenticati.
Il diritto all’oblio in Internet
Tuttavia, con l’avvento di internet l’oblio assume un significato del tutto nuovo. Infatti, la rete è una memoria infinita: su internet quasi tutto rimane memorizzato e vige la regola della conservazione. Se digitando sui motori di ricerca un evento, una notizia o il nome di una persona si continua ad avere accesso ad informazioni “vecchie” (che possono essere anche molto, molto datate), appare così estremamente difficile vedere garantito il diritto ad essere dimenticati.
Il diritto all’oblio, però, dovrà essere bilanciato con un altro importante diritto, quello alla informazione.
Il diritto all’oblio rientra nel campo del diritto alla tutela della vita privata previsto dall’art. 8 CEDU (Convenzione europea dei diritti dell’uomo). La Corte Europea ha sancito che, in ottemperanza agli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, si può richiedere che una certa informazione in rete venga rimossa da internet. Secondo il Tribunale di Roma, il diritto all’oblio non è altro che un’espressione particolare del diritto alla riservatezza.
Secondo il diritto all’oblio non si possono distribuire informazioni pregiudizievoli dell’onore di una persona se non è giustificato da fatti di cronaca, anch’essi in relazione all’importanza e alla recentezza dell’evento in questione.
Il caso Google Spain
Un caso concreto, portato innanzi alla Corte di Giustizia Europea nel 2014 ha dato una riposta per garantire il diritto all’oblio su internet. Parliamo del celebre caso Google Spain [Causa C-131/12, Google Spain SL, Google Inc. c. Agencia Española de Protección de Datos (AEPD), Mario Costeja González, 13 maggio 2014 (Grande Sezione)].
Il diritto all’oblio viene regolato dall’articolo 17 del GDPR: esso sancisce che l’interessato può richiedere la cancellazione delle informazioni senza ingiustificato ritardo:
quando i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati
raccolti o trattati, o quando si sia revocato il consenso al trattamento o i dati siano stati trattati illecitamente.
Tale diritto non può essere applicato quando il trattamento delle informazioni è reso necessario da:
- diritto alla libertà di espressione e d’informazione
- necessità di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica
Nel caso concreto quindi bisogna stabilire quando il trattamento dei dati personali è reso necessario e fino a quale livello, in relazione allo scopo per il quale sono stati concessi e al diritto di informazione.
Il diritto alla cronaca è riconosciuto quando sussistono le condizioni di:
- necessità dell’informazione pubblica
- verità dei fatti riportati
- l’esposizione dei fatti attinenti allo scopo informativo
Di conseguenza quindi, le informazioni possono essere rimosse quando:
- non sussiste più un interesse sociale alle notizie
- la notizia non è più valida, essendo trascorso del tempo che l’ha resa non più veritiera
- la notizia danneggia la reputazione del soggetto interessato e ciò non è giustificato dalle necessità di informazione
Il diritto alla deindicizzazione da Google
La Corte di Giustizia Europea ha sancito in quell’occasione il cosiddetto diritto alla de-indicizzazione dai motori di ricerca Google degli url dannosi per la reputazione del ricorrente. Il caso si fondava sulla circostanza che ogni volta che un utente di internet digitava e cercava il nome del sig. Costeja Gonzalez nel motore di ricerca del gruppo Google otteneva dei link verso due pagine di un quotidiano locale, relative all’anno 1998, delle quali non esisteva più alcun collegamento con il presente. La stessa sentenza negava, tuttavia, la cancellazione medesima delle notizie, lecitamente pubblicate dal quotidiano locale.
Oggi, sono numerosissimi i casi in cui digitando il proprio nome su Google, si risale a notizie datate, che magari fanno parte di un passato che vogliamo dimenticare, rispetto al quale ci vogliamo riscattare e non vogliamo che determini ancora il nostro presente. Oggi che la maggior parte dei datori di lavoro controllano i profili social e le tracce sul web che ci sono degli aspiranti candidati, il risultato delle ricerche su Google relative al proprio nome è spesso il biglietto da visita e la lettera di presentazione più importante.
Come ottenere il diritto all’oblio sul web
Come abbiamo visto il diritto all’oblio sul web e su Google è un diritto che spetta ai cittadini comunitari, ma non è così semplice ottenerlo. Le informazioni possono essere duplicate, ritrasmesse e continuare a permanere anche quando non avrebbero il diritto a farlo.
Aziende come DigitalLex si occupano di difendere la reputazione online tramite attività di brand reputation. Vengono monitorate costantemente le conversazioni che vengono svolte online attorno a un brand, tramite appositi tool e alert che informano dei contenuti pubblicati su Google. Vengono monitorati tutti i canali online tramite i quali si producono segnali che possono influenzare la reputazione online come i commenti sulle pagine social o le condivisioni nei gruppi Facebook.
La creazione di contenuti di stampo positivo è finalizzata a fare scendere nelle serp di Google i contenuti preesistenti negativi in modo che siano meno evidenti e abbiano meno presa su Google.
Come richiedere il diritto all’oblio su Google
Internet e i complessi meccanismi di funzionamento dei motori di ricerca, improntati sulla conservazione dei dati, espongono le persone ad un rischio sempre maggiore per la loro stessa reputazione.
Oggi il diritto all’oblio interessa numerosi canali: le pagine dei siti web, le copie memorizzate in cache dai motori di ricerca, sui risultati presenti nelle pagine dei risultati (anche quando le pagine sono state fisicamente cancellate).
Tuttavia, dal 2014, Google permette agli utenti di segnalare i link ritenuti dannosi, così da poter procedere eventualmente con la de-indicizzazione. Vediamo come funziona.
Come è noto, la rivoluzione informatica ha cambiato ogni cosa. Ha fondato un nuovo assetto sociale e un nuovo assetto economico globale, fondato sui Big data, sulle informazioni e sui dati personali, come nuovi beni di inestimabile valore.
Il modulo
A tal fine, proprio per permettere la rimozione dei link considerati dannosi per la web reputation degli utenti, Google poco tempo dopo la sentenza del 2014 mette a disposizione un modulo online che i cittadini dei paesi membri della UE possono utilizzare per sottomettere al motore di ricerca le loro richieste di de-indicizzazione. Ovviamente tale funzione vale solo per Google, non per gli altri motori di ricerca. Il processo porta alla deindicizzazione, ovvero alla cancellazione del contenuto dall’archivio dei motori di ricerca (non dalla fonte originale).
É possibile anche svolgere la richiesta per più siti, a patto di giustificarla con motivazione. Occorre motivare quindi perché il contenuto ad esempio è obsoleto, irrilevante o comunque di utilità dubbia. Occorre quindi aggiungere un documento di identità del soggetto richiedente. Il modulo deve essere compilato in ogni informazione richiesta per aumentare le chance che la proposta venga presa in considerazione.
Il modulo richiede all’utente i propri dati anagrafici, una copia digitale del documento d’identità e l’url ritenuto l’oggetto della violazione. Per tale scopo Google richiede all’utente anche il nome utilizzato per la ricerca a partire dal quale si è rinvenuto il link dannoso per la reputazione personale e il motivo della rimozione, specificando il tipo di correlazione tra le informazioni personali identificate sopra e la persona per conto della quale viene fatta questa richiesta e perché si ritiene che tali informazioni personali debbano essere rimosse. Una volta inviata la richiesta, sarà un’equipe di esperti a valutare se accordare la rimozione dell’url dai risultati delle ricerche per il singolo caso concreto.
Google oblio – Come fare
Oggi Google è un enorme accumulatore di informazioni, che possono persistere potenzialmente per sempre.
Dal punto di vista pratico, il soggetto può richiedere al motore di ricerca di rimuovere i dati i dati associati e gli URL che rimandano ai siti che trattano tali informazioni.
Purtroppo non è assicurato che la nostra richiesta verrà accolta: Google ha facoltà di accogliere o di rigettare le richieste.
Nel caso in cui il motore di ricerca rigetti la richiesta, il soggetto potrà rivolgersi all’autorità nazionale per la protezione dei dati personali. In alternativa, potrà rivolgersi all’autorità giudiziaria.
In caso di mancata risposta o di risposta negativa, è possibile ricorrere al reclamo al Garante Privacy ai sensi dell’art. 77 del GDPR ed eventualmente fare ricorso dinanzi all’autorità giudiziaria.
In caso di offesa alla reputazione, si può sporgere querela per reato di diffamazione (art. 595 c.p.), con eventuale richiesta di risarcimento dei danni se opportuno.
Un altro aspetto da tenere a mente è che la richiesta di indicizzazione su Google è valida nei confronti dei risultati della nazione dalla quale si propone la richiesta. Per estendere il risultato bisogna sottoporre la domanda anche verso le altre versioni nazionali di Google.
Google modulo diritto all’oblio
Google mette a disposizione un modulo per richiedere la rimozione di dati personali ai sensi delle leggi della privacy europee. Il modulo richiede il genere di canale dal quale si vuole rimuovere il contenuto (“Ricerca Google”). L’interessato deve selezionare l’opzione «vorrei rimuovere le mie informazioni personali dai risultati di ricerca di Google» e poi «voglio presentare una richiesta di rimozione di informazioni ai sensi delle leggi europee per la protezione dei dati (Diritto all’oblio)». Si apre quindi il modulo con i dati personali da compilare e il link dl quale si intende la deindicizzazione.
Ciò comporta non la cancellazione delle informazioni in sé per sé. Riguarda la possibilità di rimuovere dagli archivi di Google i risultati che rimandano alle informazioni che si intende far scomparire (deindicizzazione).
Il modulo deve essere compilato in ogni sua parte, ed eventualmente tenete a portata di mano la documentazione necessaria ad avallare le vostre pretese. Google potrebbe richiederla in un secondo momento per verificare la liceità della richiesta.
Se il processo va a buon fine, tali siti vengono rimossi dalle pagine dei risultati di ricerca. Tuttavia come riporta Google
<<Anche se Google rimuove una pagina web o un’immagine dai risultati di ricerca, non è in grado di rimuovere i contenuti dai siti web su cui sono ospitati. La pagina potrebbe essere ancora presente sul sito web e ciò significa che può essere trovata tramite l’URL del sito web, la condivisione sui social media o altri motori di ricerca. Consigliamo di contattare il proprietario del sito web per richiedere la rimozione.>>
è buona norma contattare anche i proprietari dei siti in questione per fare sì che le informazioni lesive della reputazione vengano fisicamente rimosse, in modo da non correre il rischio che vengano riproposte da altri siti ed eventualmente reindicizzati. A tale scopo si possono utilizzare gli appositi contatti presenti nei siti oppure, se assenti, ricorrere a siti come whoisdomain.com per risalire ai dati dei proprietari.